Se è abbastanza chiaro come utilizzare LinkedIn per il proprio personal brand e quindi creare o accrescere la propria reputazione online, ancora vi sono diverse difficoltà nell’applicare le logiche di questo social network alle strategie aziendali.
Lo vedo molto spesso nei progetti formativi nelle aziende che seguo personalmente o quando affianco agenzie di marketing digitale presso i loro clienti.
L’errore più comune è quello di cercare di applicare in LinkedIn schemi mutuandoli da altri social (Facebook in testa) solo perché li si sono rivelati validi e vincenti.
Questo avviene perché ci si dimentica di alcune differenze sostanziali:
- LinkedIn è il social costruito appositamente per fare business. Social dove il legame tra Azienda per la quale si lavora e Profilo personale è cucito a filo doppio.
- In LinkedIn, per come è costruito, tutto ruota attorno all’identità digitale delle persone che lo frequentano. E per identità digitale intendo sia il profilo personale (che in questo social più che in altri è centrale) che ogni attività svolta sulla piattaforma (commento, condivisione, pubblicazione etc).
Senza una comprensione di queste differenze sostanziali è complicato riuscire a far decollare una comunicazione aziendale che porti al successo. Schemi strategici che in altri social funzionano, qui sono destinati al fallimento.
Se poi a questo vi uniamo che da sempre il B2B è il business che nasce grazie alle relazioni tra le persone, più che tra le aziende, si comprende come sia necessario un cambio di prospettiva se una azienda vuole cominciare ad utilizzare LinkedIn per comunicare in modo proficuo.
Detto tutto ciò, come costruire una strategia che permetta quindi alle aziende di stare in Linkedin proficuamente?
Grazie all’Ambassador Marketing. Vediamo cosa intendo
Ambassador Marketing: che cosa si intende.
L’abbiamo visto, in LinkedIn ogni relazione, conversazione e quindi possibilità di business passa attraverso i profili personali, esattamente come accade nella vita offline da qualche centinaio di anni a questa parte. Quindi nulla di nuovo sotto il sole.
In LinkedIn oltretutto, prima che in ogni altro social network, vi è stato il superamento della dicotomia B2B, B2C in H2H, Human to Human teorizzata e spiegata da Bryan Kramer nel suo saggio ” Human to Human: H2H”. Saggio che ben spiega come oggi avvengano le comunicazione e quindi come nascono i presupposti per fare business.
E’ qui che sta il “trucco” per poter utilizzare lato aziende questo social: facendo passare tutta la comunicazione (o gran parte di essa) attraverso l’attività dei profili delle persone che in quell’azienda vi lavorano e che la rappresentano su questo social.
Non lo si scopre certo ora che ogni azione fatta da un dipendente in Linkedin oltre a determinare la propria reputazione va ad incidere su quella aziendale. Basta guardare che tipo di informazioni sono presenti su un profilo per vedere quanto dell’azienda per la quale si lavora vi è in un singolo profilo.
Perché in LinkedIn un dipendente, un rappresentante della rete vendita, un manager non è solo parte di quell’azienda ma diviene ambasciatore a pieno titolo del brand aziendale. Ecco perché è necessario capirlo e cominciare a ragionare appunto in termini di Ambassador Marketing.
L’azienda deve comprendere questo delicato aspetto e fare tutte le mosse e gli investimenti necessari per sfruttare al meglio questo aspetto che nolente o volente è presente in LinkedIn.
L’azienda deve cambiare prospettiva e mettersi in testa che ogni dipendente, agente, manager o titolare presente in LinkedIn vi è non solo per nome e conto proprio ma vi è anche come rappresentante, ambasciatore del brand aziendale.
Ogni azione in LinkedIn, negativa o positiva, di chi vi ci lavora andrà necessariamente ad impattare sulla reputazione del brand.
E’ necessaria quindi questa consapevolezza che deve portare l’azienda a compiere i giusti passi per portare a proprio vantaggio questa situazione insita nel dna di Linkedin.
Solo formando i propri Ambassador l’azienda sarà quindi in grado di operare proficuamente. Solo dando loro formazione, strumenti, contenuti e policy condivise, questi potranno costruirsi quella solida reputazione online che gli permetterà di costruire attorno a se dei network verticali, essere riconosciuti in questi come persone competenti e grazie a questo migliorare l’efficacia di ogni azione intrapresa successivamente (richiesta contatto o inmail)
Comprendo che per come è stato considerato il marketing aziendale questo può sembrare un salto quantico. Comprendo che qui parliamo di perdita del controllo delle informazioni e dei flussi per fare lead. Ma è solo grazie a questo cambio di prospettiva che è possibile arrivare più velocemente a risultati concreti.
Perdere il controllo dei contenuti, dei flussi, affidarlo a chi l’azienda in LinkedIn la rappresenta e ne è ambasciatore per poi raccoglierne i frutti grazie all’attività coordinata e in linea con le policy aziendali di questi ultimi.
A proposito! Se vuoi approfondire questo argomento ti consiglio il libro di Matteo Pogliani sull’Influencers Marketing. Lui ne sa. 😉
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