“Mio tessssoro!” Se hai letto la trilogia o visto i film te lo ricorderai. Gollum è sicuramente il personaggio più controverso creato da Tolkien. Perennemente in bilico tra bene e male e sempre pronto a perseguire ora l’uno ora l’altro a seconda della propria necessità e convenienza.
Ti starai ora domandando cosa c’entra lo hobbit de il Signore degli Anelli con LinkedIn, vero?
Molto più di quel che credi, fidati. Ora seguimi.
Ho ovviamente ancora moltissimo da imparare ma in questi 18 anni di attività lavorativa, che definirei quantomai “variegata” mi sono imbattuto in moltissime persone che per l’argomento di oggi potrei dividere in due categorie: i disponibili e quelli che io definisco “gli affetti da sindrome di Gollum”. Ed è proprio di questi che voglio parlarti oggi.
Ma chi sono gli affetti da Sindrome di Gollum?
Sono tutte quelle persone che costruiscono le relazioni lavorative sulla asimmetria creata dalle loro competenze, o presunte tali usandoli come veri e propri strumenti di potere (asimmetria informativa).
Queste persone sono facili riconoscere e sono certo che anche tu qualcuna in vita tua l’avrai incrociata. Le riconosci perchè:
- si trincerano dietro linguaggi tecnici,
- spesso condiscono le loro affermazioni con inglesismi con lo scopo di aumentare le distanze tra ciò che sanno sull’argomento e ciò che sai tu.
- e quando ti parlano del proprio lavoro e non sono stimolati dalla fattura appena staccata, te la fanno così pesare manco fossero gli unici depositari del sapere.
Solo loro sanno. Solo loro capiscono e se proprio devono rispondere alle tue domande lo fanno con quello spirito di sufficienza tra le cui righe puoi quasi leggere “tu non sai cosa so fare io e quanto è complicato ciò che faccio. Tu non hai idea di quello che potrei fare per te se solo ti decidessi di fissare un appuntamento col sottoscritto (non ora però che sono impegnato. Richiamami lunedì), e dietro pagamento di lauta parcella permetterti finalmente di farti abbeverare al mio sapere. Il Mio Tesssoro. Tu non sai. Tu non hai idea.“.
Ecco. E’ vero. Il malcapitato che gli si trova di fronte sicuramente non sa, anche perchè se no si sarebbe risparmiato il “dolore” di chiedere qualcosa a questo tipo di persone. E di certo tale atteggiamento lo costringerà a tenersi il dubbio tanto quanto il malato da Sindrome di Gollum a tenersi stretto il suo “tesssoro”.
Hai capito ora cosa intendo per Sindrome di Gollum?
Io ho imparato negli anni a tenermene alla larga . Ho affinato nel tempo la capacità di fiutarne l’essenza, a riconoscerne l’odore appena mi avvicino. Di solito tale atteggiamento è accompagnato da una visione sempre cupa, problematica della situazione analizzata. Mai che te la facessero facile. E che cazzo!
Ma torniamo a noi. Ti do due consigli quindi. Stanne anche tu alla larga e soprattutto non cadere in quell’errore. Non ammalarti di Sindrome di Gollum. Perchè? Perchè oggi, col web, coi social con quell’atteggiamento non vai più da nessuna parte.
Condividi. Rispondi. Spiega. Sii disponibile. Cazzo!
Si, so cosa stai pensando. Ma se condivido gratuitamente le mie competenze con chiunque mi chieda un consiglio poi cosa impedirà queste persone una volta risolto il loro problema a non chiamarmi e chiedermi una consulenza retribuita? Nulla. Di doman non v’è certezza, recitava Lorenzo il Magnifico, ed io chi sono per contraddirlo.
Ma vuoi sapere una cosa? Ti svelo un segreto. Quelli che non torneranno, questa volta come clienti, sappi che comunque non sarebbero mai arrivati a te nelle vesti di clienti. Però, con questo atteggiamento seminerai il seme delle tue competenze, del tuo personal brand in persone che:
- Primo: non potranno far altro che avere un buon ricordo di te.
- Secondo: se interpellate da terzi riguardo a chi ha risolto loro quel problema non faranno altro, in modo assolutamente naturale e spontaneo, che fare il tuo nome. E non lo faranno per sentito dire. Ma parleranno di te come di quello che gli ha levato le castagne dal fuoco. Ti sembra poco?
In altre parole alimenterai la forza del “passaparola” che nel web acquista dimensioni decisamente maggiori. Un consiglio scritto in un commento ad un post non lo legge per esempio solo l’interessato. Lo leggerà ogni persona che si imbatte in quel contenuto.
Un post argomentato che spiega nel dettaglio come risolvere un problema lo leggeranno nel peggiore dei casi decine di persone. E sai una cosa? Quel contenuto postato oggi lavorerà per te domani, dopodomani, tra una settimana e sarà li ancora a fare il suo sporco lavoro tra un anno fino a quando il suo contenuto rappresenterà una valida soluzione al problema di qualcuno
E poi ricorda questo: non aver paura ed non essere geloso di ciò che sai.
Il valore della tua professionalità non è dato dalla somma algebrica delle tue competenze ma dalla tua esperienza e capacità di applicare l’uno o l’altra al momento opportuno e secondo le necessità del caso.
Qui sta il tuo valore. E nemmeno se metti su Slide Share l’ebook con tutto ciò che sai fare, corri il rischio di veder scemare questo valore.
Quindi, su LinkedIn, ma su qualunque altro social o ambiente off-line:
- sii disponibile.
- Rispondi a tutti.
- Impegnati a farlo nel modo più approfondito e professionale possibile.
- Fottitene se non lo stai facendo a seguito di un bonifico.
- Fallo perchè è l’unico modo per dimostrare che tu sei un professionista competente.
- Fallo perchè è l’unico modo di emergere in quel mercato competitivo in cui ti trovi (non importa quale. Tanto oggi oramai lo sono indistintamente tutti).
Le persone hanno bisogno di capire chi sei per fidarsi di te e per segnalarti ad amici e colleghi. E l’unico modo di conquistare la loro fiducia è quello concretamente di dimostrare che sei competente, che sai “fare”.
Che aspetti? Prendi Pulse e comincia a scrivere di quel che sai. Il resto verrà da solo, clienti paganti inclusi.
Come di consueto Ti lascio infine i link degli articoli delle settimane precedenti di #LinkedInCaffè e del mio ebook dove puoi trovare alcuni tricks per migliorare l’uso del tuo profilo LinkedIn.
- LinkedIn Dress Code: come entrare nel salotto buono
- 5 ingredienti per scrivere un profilo LinkedIn che lasci il segno
- Catturare, rapire e ingolosire il nostro pubblico usando il nostro percorso professionale in LinkedIn
- LinkedIn e Bloggin: che c’azzecca?
- Come ampliare la propri rete di contatti in LinkedIn
- I Gruppi di LinkedIn
- Come fare Comment Marketing
- Come trovare e leggere le statistiche del tuo profilo
- Come creare un’intestazione LinkedIn efficace
- Perchè chiedere un Endorsement in LinkedIn fa bene alla reputazione
- Pagina Aziendale LinkedIn: l’avamposto per la tua strategia web
- Tag LinkedIn: come utilizzarli per fare lead generation
- Calendario Attività LinkedIn: come organizzare la tua presenza sulla piattaforma
- Come e perchè scegliere LinkedIn Ads per le tue campagne
- 35 errori da non fare in LinkedIn
- Come farsi trovare in LinkedIn
- Come LinkedIn salverà il ruolo del venditore
- LinkedIn e aziende: l’ importanza dei profili dei dipendenti.
- LinkedIn Pulse: opportunità o occasione mancata?
- 10 cose da fare su LinkedIn per fare incazzare un HR
- Conoscere come viene utilizzato LinkedIn in Italia per avvantaggiarsene
- 4 domande da porsi prima di agire in LinkedIn (e non solo)
- LinkedIn vs Recruiters: ecco come lo utilizzano in Italia
- LinkedIn Pulse: long post o preview?
- Linkedin e la Coda Lunga: come Chris Anderson può aiutarti nella costruzione del profilo
- LinkedIn acquisendo Bright mostra di voler aprirsi a tutto il mercato del lavoro: un Bene o un Male?
- Usi una di queste 10 “overused buzzword” per descriverti in Linkedin? Ecco che cosa rischi
- 20 (-1) LinkedIn Tips & Tricks per migliorare la tua presenza sul social
- Come generare lead qualificati con LinkedIn in 6 mosse [case study]
- Employer Branding con LinkedIn: costruire un’azienda di successo.
- Perchè utilizzare Linkedin per fare Personal Branding?
- Come controllare la comunicazione di sè in LinkedIn: i 5 assiomi
Ebook:
Latest posts by Mirko Saini (see all)
- Qual è il motivo per cui i clienti dovrebbero sceglierti? - 10 Maggio 2021
- Che cos’è la Sales Cadence e perché dovresti averne una. - 17 Febbraio 2020
- Hashtag in LinkedIn: come utilizzarli correttamente. - 24 Gennaio 2020
Buonasera Mirko,
scopro con gran piacere il tuo blog ed il tuo sito e subito ne approfitto.
C’è una cosa che da sempre mi chiedo senza riuscire a darmi una risposta convincente.
Forse semplicemente la rsposta non riesco a vederla per miopia culturale. Comunque la domanda è: che senso ha la condivisione totale?
In questo post tu sostieni che non si perderebbe nulla nemmeno rendendo disponibile urbi et orbi l’ipotetico ebook con tutto il proprio know how.
Mi pare di aver capito che l’argomentazione che porti a supporto di ciò sia sintetizzabile in: un conto è sapere un conto è saper fare.
Il fatto è che nella mia personale esperienza spesso così non è.
Voglio dire, è vero che un conto è la teoria un conto è la pratica, ma tutti i mestieri portano dentro innumerevoli malizie che si imparano con l’esperienza, a costo di errori, prove, sperimentazione, sacrifici e che rappresentano, a mio modo di vedere, uno dei valori aggiunti più importanti della professionalità, perché regalare questo patrimonio?
Non intendo non essere disponibile ad aiutare un contatto a risolvere un problema contingente se la risoluzione non richiede ore di lavoro, quello che non comprendo è la condivisione profonda del mestiere che il social world sembra pretendere, specie in mercati dove conservare un certo vantaggio competitivo mi pare importante, dove chiunque può entrare e improvvisarsi professionista.
In un certo senso la condivisione sfrenata è il miglior aiuto che si può fornire ai propri concorrenti, o no?
Mi rendo conto che non mi sto spiegando con chiarezza, provo con qualche esempio, ad esempio nel tuo campo.
Supponiamo che tu, a costo di molto lavoro e molte ricerche abbia scoperto come una determinata tattica sui social sia più efficace di altre, dettagliare questa tattica non vanifica velocemente il tuo vantaggio competitivo rispetto ai tuoi concorrenti?
Se io che faccio il fotografo, investo anni a maturare l’esperienza necessaria a sviluppare il mio stile personale, ad identificare il complesso equilibrio tra scatto e post-produzione e poi dettaglio tutto, settaggi, tecnica, malizie, non metto in condizione il primo improvvisato che passa per il web di imitarmi,
di proporre sul suo sito immagini simili alle mie? Con tutto il danno generale che ciò genera in termini di omologazione e conseguente banalizzazione.
Spero che la tua scorta di simpatia e tolleranza sia tale da sopportare anche il fatto che presuntuosamente mi immagino un paio di possibili risposte:
1) chi ha la competenza per definire qualcosa di nuovo passa oltre, va avanti, crea altro, è sempre un passo avanti.
2) Chi ha inventato resta il primo, oggi tutti emulano Dragan ma è lui che ha dato il nome allo stile!
Non so se queste possibili risposte ti appartengano, le cito perché sono quelle che più comunemente ricevo.
Come spesso (ma non sempre) capita alle cose molto comuni, credo siano vere, ma come è altrettanto comune, sono superficiali, secondo me.
Perché a me pare che nella vita reale non è che si riesca a stare sempre un passo avanti, né sia credibilmente realizzabile: non siamo mica tutti Steve Jobs.
E se anche lo diventassimo, tutti, la superiorità competitiva verrebbe vanificata: se fossimo tutti Jobs dove starebbe la differnza di Apple? Inventeremmo tutti l’iPad!
Per molti di noi già costruire una propria identità riconoscibile è un’impresa, figuriamoci rinnovarla ogni 2 mesi.
Mica siamo tutti dei miracolati: per ottenere risultati alla Dragan o alla Orton oltre al talento ed alla competenza serve anche una gran bella dose di culo (si può dire culo?) per avere l’idea giusta al momento giusto nel posto giusto.
Va bene la competizione, ma se vince uno su 10.000 gli altri che fanno?
Non so, a volte mi pare che più che di vita, di professionalità, di lavoro quotidiano, si tratti di lotteria: tu compri tutti i biglietti che puoi, studi i sistemi e li giochi diligentemente, ma sempre solo 100 premi ci sono ed i giocatori sono decine di milioni…
Lo so, sono un dinosauro ed in quanto tale la mia materia grigia è in particolare minoranza rispetto al resto del corpo, però l’usarla mi genera questi dubbi…
Un virtuale abbraccio di umana solidarietà verso la tua condizione di titolare del blog che probabilmente ha implicato la lettura di tutto questo mio commento.
🙂
Ciao Marco, bella domanda la tua e condivido e capisco il tuo timore. Ma ti sto per deludere. La mia risposta non è tra quelle.
Un conto è scrivere per i tuoi concorrenti, un conto è farlo per i tuoi potenziali clienti. Comprendo che il confine sia sottile e a volte sembra proprio non esserci ma il trucco sta li. E poi considera un aspetto fondamentale: il lettore (non importa se potenziale cliente o concorrente) è pigro.
Io, per farti un esempio ho scritto più di 80 post su Linkedin. Alcuni tecnici altri strategici.
Ci credi che continuamente ricevo email e richieste dove mi si chiedono lumi riguardo ad un argomento quando per conoscere la risposta basterebbe scorrere l’elenco dei miei post (che oltretutto metto in modo ordinato in calce all’ultimo) e trovare ciò che serve? E sai perchè? Perchè fortunatamente il tempo oggi è considerato una risorsa preziosa e pergiunta non rinnovabile e quindi le persone piuttosto che prendere e studiarsi tutti gli 80 post (che per altro non basterebbero per conoscere cosa fare di LinkedIn) preferiscono affidarsi a qualcuno, pagarne i servizi in modo che lui per loro metta le informazioni in modo ordinato e gliele dia.
La seconda considerazione riguarda la differenza tra generale e particolare. Non tutti, anzi pochissimi sono in grado di prendere una regola generale trovata su un post che ovviamente viene trattata così per abbracciare il maggior numero di lettori, e adattarla con le dovute eccezioni e modifiche al proprio settore di appartenenza.
Certo, il rischio che vi siano competitor in grado di “rubarti” alcuni segreti del lavoro chiaramente c’è. Lo faccio anche io in continuazione dagli altri. Ma lo faccio pure leggendo per esempio un libro o un articolo di Al Ries che mio competitor proprio non è.
Ma ti faccio una domanda? Conosci altro sistema per far sapere al tuo potenziale cliente che tu le cose le sai veramente fare? E poi, sei certo che un professionista venga scelto solo per ciò che sa e non invece per come riesce a comunicarlo?
A mio parere Marco, ma non solo il mio visto che ad oggi il content marketing che sta alla base dell’inbound marketing è forse il miglior modo di comunicare, il rischio c’è ma vale assolutamente la candela. 😉